È in questo silenzio dei circuiti
che ti sto parlando.
So bene che, quando finalmente
le nostre voci riusciranno
ad incontrarsi sul filo,
ci diremo delle frasi generiche e monche;
non è per dirti qualcosa
che ti sto chiamando,
né perchè creda che tu
abbia da dirmi qualcosa.
Ci telefoniamo perché solo nel chiamarci
a lunga distanza,
in questo cercarci a tentoni
attraverso cavi di rame sepolti,
relais ingarbugliati,
vorticare di spazzole di selettori intasati,
in questo scandagliare il silenzio
e attendere il ritorno di un’ eco,
si perpetua il primo richiamo
della lontananza,
il grido di quando la prima grande crepa
della deriva dei continenti s’è aperta
sotto i piedi d’una coppia di esseri umani
e gli abissi dell’oceano si sono spalancati
a separarli mentre l’uno su una riva
e l’altra sull’altra trascinati
precipitosamente lontano
cercavano col loro grido
di tendere un ponte sonoro che ancora
li tenesse insieme
e che si faceva sempre più flebile
finché il rombo delle onde
non lo travolgeva senza speranza.
Da allora la distanza è l’ordito
che regge la trama d’ogni storia d’amore
come d’ogni rapporto tra viventi,
la distanza che gli uccelli cercano
di colmare lanciando
nell’aria del mattino
le arcate sottili dei loro gorgheggi,
così come noi lanciando
nelle nervature della terra
sventagliate d’impulsi elettrici
traducibili in comandi per i sistemi a relais:
solo modo che resta agli esseri umani
di sapere che si stanno chiamando
per il bisogno di chiamarsi e basta.
Italo Calvino
"Chiamare e basta" non mi basta. Non sono mai pronto a dire "pronto", ma so di essere sempre pronto a dire un "sì" quando chiama un "ma".
RispondiEliminaBel gioco di parole :-)
RispondiElimina